“Quasi la felicità. Storie di donne e lavoro” è il web-documentario realizzato dalla Cooperativa Camera a Sud nell’ambito del progetto “NO GAP. Storie di donne e di lavoro in Puglia”, vincitore del bando GIOVANI PER IL SOCIALE, approvato con decreto del Capo Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale (2014), con capofila l’Associazione Il Grillo (Gravina di Puglia).
Quasi la felicità perché “Amare il proprio lavoro è la cosa che si avvicina più concretamente alla felicità sulla terra” come scriveva Primo Levi; una frase che amava citare spesso anche Rita Levi Montalcini perché aveva ispirato la sua vita.
La celebre scienziata, una delle figure femminili più luminose dell’ultimo secolo, una lunga vita al servizio della ricerca, ma anche al sostegno della dignità della donna e del lavoro femminile, era fortemente persuasa del fatto che il lavoro delle donne fosse fondamentale per la costruzione e la conservazione della pace: “il futuro del pianeta dipende dalla possibilità di dare a tutte le donne l’accesso all’istruzione e alla leadership. È alle donne, infatti, che spetta il compito più arduo, ma più costruttivo, di inventare e gestire la pace”.
Quasi la felicità perché il lavoro non può e non deve essere tutto, ma riveste senza dubbio un ruolo importante nella vita delle persone.
Per prima cosa il lavoro è un diritto umano ed è ciò che permette a ciascuno – uomo o donna che sia – di dare il proprio contributo al progresso materiale e spirituale della società.
Così recita la nostra Costituzione:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali …” (art. 3)
“Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione” (art. 23)
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione …” (art. 37).
“Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici ed alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra uomini e donne …” (art. 51 Costituzione italiana)
Secondo il Forum Economico Mondiale l’Italia è al 50esimo posto, su 144 paesi, nella classifica del Global Gender Gap Index 2016 che ogni anno viene elaborata per monitorare la portata e l’ampiezza della disparità di genere nel mondo in rapporto a quattro settori fondamentali: economico (composizione della forza lavoro, gap retributivi, differenze nella carriera), politico (presenza di donne nelle alte cariche dello Stato), dell’istruzione (numero di donne alfabetizzate e iscritte a scuola rispetto agli uomini) e della salute (nuovi nati in base al sesso, aspettativa di vita). Una posizione di bassa classifica che la vede ben lontana dai paesi del nord Europa, Islanda, Finlandia, Norvegia e Svezia che detengono saldamente e da tempo le prime cinque posizioni.
Se si prendono i soli indicatori relativi al lavoro, troviamo il nostro Paese all’89esimo posto per partecipazione e ben al 127esimo per parità di salario. Tra gli ultimi. In Italia il tasso di occupazione femminile resta saldamente inchiodato sotto il 50% e nel Sud Italia la situazione risulta ancora più critica rispetto al resto della penisola.
L’ultimo rilievo Svimez 2014 parla di un Sud a rischio desertificazione umana e industriale, dove si continua a emigrare (116 mila abitanti nel solo 2013), non fare figli, impoverirsi (+40% di famiglie povere nell’ultimo anno) perché manca il lavoro.
Negli ultimi cinque anni, dal 2008 al 2013, le donne in Italia hanno perso 11mila posti di lavoro. Nel 2013 a fronte di un tasso di attività femminile medio del 66% in Europa (che arriva all’83% in Finlandia), le regioni del Mezzogiorno vanno peggio di Malta e della Romania (che registrano tassi di attività femminile rispettivamente del 50% e del 48,4%) e in Puglia il tasso di occupazione femminile è solo del 38%.
Nel Mezzogiorno la probabilità di lavorare per le ragazze per certi versi appare quasi azzerata e si parla sempre più di vera e propria segregazione occupazionale.
E’ evidente che se anche nel nostro Paese si vuole davvero favorire lo sviluppo e la produttività, servono interventi ad hoc per garantire l’equità e tutelare i diritti delle donne.
Preliminare tuttavia, perfino rispetto alle misure economiche, per ottenere questo risultato, è l’investimento nell’educazione, nella cultura e nella formazione in quanto chiavi fondamentali e imprescindibili per affrontare un autentico cambio di rotta: non solo per prevenire la violenza di cui sempre più spesso le donne sono vittime, ma anche per promuovere l’equità e tutelare i diritti di tutte le donne nel nostro paese, il diritto al lavoro in particolare.
In questo scenario Quasi la felicità è una raccolta di storie di resistenza e resilienza perché, come abbiamo visto, il lavoro femminile e giovanile rientra in una condizione doppiamente a rischio di svantaggio e di fragilità nell’attuale contesto socio-economico.
Abbiamo raccolto storie e testimonianze di percorsi di lavoro e di vita di donne che sono riuscite a realizzare il proprio progetto o che quantomeno ci provano. Nonostante tutto. Donne, come tante, che in Puglia lavorano e fanno progetti, creano, inventano il lavoro quando non c’è oppure inseguono una passione, un sogno. Alcune di loro hanno viaggiato, hanno studiato e acquisito competenze fuori dal nostro Paese e sono tornate per nostalgia, per amore o per desiderio di riscatto per la propria terra.
Molte di loro sono madri o vorrebbero diventarlo e fanno i conti con le difficoltà che della conciliazione vita-lavoro. Altre hanno fatto scelte differenti da quelle della maternità e ci hanno raccontato i loro progetti altrettanto creativi e gratificanti.
Il documentario, unitamente al kit didattico, si offre come strumento di approfondimento e sensibilizzazione, rivolto ai ragazzi di età compresa dai 14 ai 16 anni che frequentano gli istituti scolastici della regione Puglia, con i seguenti obiettivi:
– sfatare luoghi comuni e atteggiamenti discriminatori nei confronti del lavoro femminile;
– contribuire, attraverso l’educazione alle pari opportunità, alla tutela dei diritti delle donne;
– raccogliere testimonianze e racconti di vita sul lavoro femminile in Puglia;
– raccontare e favorire l’interazione dei giovani rispetto ai temi dell’imprenditorialità e del cooperativismo nel Sud Italia, con particolare riferimento alla popolazione femminile giovanile;
– valorizzare la presenza delle donne, italiane e immigrate, che vivono e lavorano sul territorio pugliese;
– incentivare la voglia di intraprendere nei più giovani, di seguire i propri sogni, di non arrendersi alla situazione di crisi lasciandosi soccombere; combattere la demotivazione che porta a ingrossare l’esercito, che nel nostro Paese è composto da oltre due milioni di ragazzi, dei Neet (“Not in Education, Employment or Training”: i giovani tra i 15 e i 29 anni che non sono iscritti a scuola né all’università, che non lavorano e che nemmeno seguono corsi di formazione, stage o aggiornamento professionale).
Con questo lavoro vogliamo offrire un’occasione per aiutare i ragazzi e le ragazze a confrontarsi con queste tematiche connesse al lavoro e al loro futuro, ma anche per sviluppare capacità critica rispetto a qualsiasi forma di differenza (maschile/femminile, ma anche in riferimento al multiculturalismo e a tutte le forme di esclusione e discriminazione, ecc.) e a riconoscere come discriminante o stereotipata ogni visione che identifichi ruoli consolidati storicamente come caratteristiche innate dei soggetti.
La scelta del video-racconto si lega al senso di familiarità e all’immediatezza che lo strumento video suscita nei più giovani; il web-doc, inoltre, offre la possibilità di rendere più concreta la condivisione dei vissuti, favorendo negli spettatori la possibilità concreta di immedesimarsi con i racconti delle donne protagoniste.
Il web-documentario è disponibile sulla piattaforma dedicata www.quasilafelicita.it, accompagnato da un kit didattico in grado di supportare docenti ed educatori nella visione e di suggerire percorsi didattici e laboratoriali tematici, riferimenti bibliografici e sitografici, proposte di approfondimento variegate che prevedano il coinvolgimento diretto e attivo dei ragazzi e delle ragazze.
Decostruire stereotipi, rivelare mondi sommersi, individuare esperienze esemplari di emancipazione, le opportunità inespresse, i talenti, le aspirazioni, i successi e i fallimenti, allo scopo di educare alle differenze di genere intese come risorse personali e mai come categorie collettive.
Parlare di donne e lavoro vuol dire dare un volto e una voce a quelli che generalmente vengono considerati solo dati statistici: raccontare, delle donne, le gioie, le paure, le aspettative deluse, i sogni per il futuro lavorativo, le interazioni con un territorio e un momento storico assai critico, eppure non privo di opportunità.